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ARGOMENTO: Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata.
Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 24/11/2012 21:51 #7265250
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Bravo bell esperienza e coraggiosa. Ho viaggiato molto nel mondo,e nonostanto abbia sentito mille volte la frase"ma che ci vai a fare in quei posti lì?" sono sempre partito con l'idea di male non fare paura non avere. Qui non è un discorso di Lega nord o meno,quando come hai detto tu lostraniero incuriosiva e non impauriva.Il fatto è che gli stranieri (un certo tipo di stranieri) sono venuti o meglio hanno invaso l'Italia portando solo il peggio del peggio,e adesso è normale che si faccia di tutta l'erba un fascio.Quello che è ancor peggio è che a casa loro hanno un comportamento,mentre qui da noi non hanno rispetto di niente e dopo la gente generalizza.Cmq tornando al viaggio,per le mie esperienze ho sempre trovato brava gente che se ha potuto mi ha sempre aiutato.Lo scorso agosto un elettrauto il giorno di ferragosto è venuto a guardarmi la moto (non avevo + luci) chiamato dal proprietario dell hotel,mi ha cambiato lampadine e fusibili e non ha voluto 1 euro...
Qnd si gira il mondo bisogna sapersi adattare,non offendre,essere positivi ed accorti.. bellissimo racconto...bel giro,complimenti. |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 24/11/2012 22:06 #7265256
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Un' altra cosa che ho notato e' che chi sa viaggiare sa anche scrivere molto bene.
Leggere le tue esperienze di viaggio e' coinvolgente, sembri il protagonista di un romanzo a puntate... Non sono mai riuscito a viaggiare solo, invidio molto chi riesce a stare così bene con se stesso e gli altri. Complimenti Ho visto che sei di Roma, magari se ti va ci si incontra per un caffè Ciao ![]() |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 25/11/2012 11:16 #7265328
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Comunque, Fernik, passerò dal tuo topic a scrivere qualcosa prima o poi. Non perchè non ne abbia voglia: il tema è esistenziale ![]() ma lo farò . di sicuro lo farò Di sicuro porterai un contributo personale e molto interessante! Hai capito il vero senso del topic come tanti altri prima di te. E' proprio questo che la sua lettura, a mio parere, è così coinvolgente. A presto, allora! ![]() |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 28/11/2012 22:45 #7266565
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barbarossa, basta solo partire. dopo 200 km sei nella tua storia e dopo la prima frontiera ti sembra che sia sempre stato così
![]() Ok, copio/incollo il terzo capitolo... daje! |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 29/11/2012 00:20 #7266585
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barbarossa, basta solo partire. dopo 200 km sei nella tua storia e dopo la prima frontiera ti sembra che sia sempre stato così Che bella frase! verissimo aggiungo! ![]() |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 29/11/2012 03:47 #7266593
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Capitolo 3
Ogni cosa è illuminata(?) grooveshark.com/s/Odessa+Medley/2zun1b?src=5 Le prime persone con cui mi ritrovo a parlare sono le guardie di frontiera, tutte donne. Al primo varco una mi chiede d’accendere e fin li ci arrivo, ma appena incolonnato arriva una valchiria cattivissima e incazzatissima che intima a tutti di stare in auto e a me di stare vicino alla moto. La coda è lunga e ogni volta che il popolo chiacchiera la nostalgica del Soviet viene ad abbaiare. Alla fine tra occhi dolci e qualche sorriso riesco ad ammorbidirla e a farla essere a tratti gentile. Scena tipo “Pasqualino Settebellezze” per gli estimatori della Wertmuller. Alla fine riesco ad entrare in Ucraina che è pomeriggio dirigendomi verso Chernivtsi ma decidendo di saltarla perché comunque l’obiettivo rimane l’asia centrale. Mi perdo un paio di volte durante la giornata, una volta perchè copilot mi portava su una strada chiusa, l’altra perché avevo letto male un nome su un cartello. ![]() M’incazzo un po ma è la scusa buona per interagire con gli autoctoni. Ritrovata la strada incomincia la traversata di questo paese enorme e verdissimo. Pare che sia la terra più fertile d’europa e che sia stato il granaio dell’ unione sovietica. Ciò non ha impedito al compagno Stalin di affamare la popolazione sequestrando tutta la produzione nell’anno 1932/33 per piegare i kulaki (latifondisti) alla collettivizzazione. Attraverso sterminati campi di girasole e di grano, il colore dominante è il giallo senza tregua ne soluzione di continuità. ![]() In un paesino lungo la strada vedo un carretto trainato da trattore seguito da un’ orchestrina di pochi elementi e attorniato da un po di gente. Sul carretto una donna vestita da sposa. Cazzo, mi fermo ! subito! Parcheggio un po più avanti e non faccio in tempo a raggiungere la festicciola che già mi arriva lo sposo adoffrirmi vodka, acqua e cibo. Il cibo lo vorrei rifiutare ma mi obbligano letteralmente. Capirò in un paio di giorni il perché. Chiamano una ragazza che sta facendo le foto a fare da interprete, visto che vive e lavora in Italia. Mi spiega che i ragazzi si sono sposati e fanno questo giro come secondo festeggiamento insieme a tutta la gente del paese. Vado a dare gli auguri agli sposi e alla madre dello sposo, anche lei lavorante in italia. Ho un attimo di perplessità quando vedo che la donna vestita da sposa è in realtà un uomo: è tradizione che il migliore amico dello sposo si vesta lui da sposa. La madre mi chiede se sono sposato e perché non lo sono, e che dovrei prendermi una donna ucraina. Gli dico che sono gia impegnato ma insiste nel dire che dovrei pensare a una donna ucraina. Salutano per continuare il giro mentre io risalgo verso la moto insieme ad altri del paese che ascoltano interessati i miei progetti di viaggio (o quello che riesco ad esprimere). Un'altra donna che vive in italia mi consiglia di rimanere lì senza andare in russia e di portarmi una donna ucraina. Vabbò, saluto tutti e proseguo. Vi chiedo ancora scusa per i video grezzi e non montati, ma vi tocca così ![]() Ormai i piani per le varie tappe sono saltati ed è entrata in vigore la buona regola del “faccio più strada che posso e poi vediamo”. Col risultato che alle 19.00 col sole al tramonto mi ritrovo nel vero nulla. Un benzinaio chiuso nel suo bugigattolo mi dice che l’unico albergo dei dintorni si trova nella città di Bar a 30km. E’ una deviazione dal percorso ma non me la sento di accamparmi da solo. Raggiungo bar che è notte e fortunatamente incontro dei ragazzini che parlano inglese e mi indicano i vari alberghi, ma purtroppo l’unico con stanze libere èil piu costoso (15 euri) . Dopo una contrattazione in una lingua assurda col portiere mi sistemo e faccio una doccia. Quando scendo per trovare qualcosa da mangiare non trovo nessuno. Tra l’altro la moto è rimasta chiusa nel cortile e io non ho nessun accesso per andare a prendere i bagagli. Cerca che trovi, nella sala biliardo al piano interrato incontro dei ragazzi intorno ai vent’anni, tra cui quella che scopro essere la figlia del proprietario. La Paris Hilton locale si interessa oltremodo a me e al mio viaggio e praticamente non mi molla più. Si premura di farmi cucinare un paio di piatti tipici ucraini e ceno insieme a lei, suo fratello e il custode. Ricambio con sigarette di tabacco e inizio timidamente a formare frasi di senso compiuto in russo. Fortunatamente lei parla inglese abbastanza bene e questo agevola molto le cose. Si offre di farmi fare un giro della città l’indomani, ma per il fatto che voglio partire presto decide di farmelo fare in notturna. E quindi al chiaro di luna andiamo a esplorare la città di Bar, che male non è. Chiese ortodossa e cattolica vicine, parco dei caduti con muro di epoca romana o giu di lì e poche altre cose. Raggiungiamo i suoi amici presso un “magazin” e ritornati all’albergo vado a nanna dopo scambio di contatti e ringraziamenti. Mai piu sentita. ![]() grooveshark.com/s/Bublitschki/1QsqqC?src=5 La sveglia l’indomani risulta fastidiosa non essendo aperto il bar dell’hotel. Esco e trovo vicino alla stazione dei bus un bar che mi fa giusto un paio di Nescafè. Sto ancora rincoglionito ma decido di muovermi lo stesso. La giornata scorre via tra lunghi rettilinei cosparsi da buche , che tagliano i campi. ![]() ![]() Numerosissimi ponti per controllo dei veicoli ai bordi delle strade e le pensiline in cemento decorate. Questa dei ponti per le emergenze è eredità dei tempi dell’unione sovietica che ritroverò anche in Russia e in Kazakhstan ed è un ottima e provvidenziale trovata visto che tra un centro abitato e l’altro le distanze possono essere anche di decine e decine di km. Uniche note da segnalare: una sosta in una piazzola con un magazin e tre chioschi per mangiare scatolette che mi porto dalla romania e farmi un caffettone in moka (e per pulire la borsa del cibo, visto che un peperone e un pomodoro si sono maledettamente marciti), l’altra non so dove alla vista di tre enduro targate Polonia: sono cinque ragazzi di ritorno dalla Crimea, che mi viene descritta bella ma zozzissima (e carissima) essendo periodo di invasione estiva da parte dei russi. Inizio a pensare che non sia il caso di tornare via Ucraina. ![]() ![]() ![]() ![]() La giornata finisce poco prima di Oleksandriya in un motel lungo la strada. Entro a chiedere e trovo una tavolata con una 30ina di persone che festeggiano i 18 anni di una ragazza. Prendo una stanza e le signore mi fanno mangiare in camera. Inutile dire che dopo cena scendo al bar a farmi una vodka: c’è una festa e di sicuro non voglio perdermela. Le signore del bar sono molto gentili ma nessuno si cura di me e la prima vodka me la bevo fuori, fumando un paio di sigarette e mandando qualche sms. grooveshark.com/s/Zvezda+Rok+n+rolla/4C6kRd?src=5 Mentre sto per tornarmene in camera, a sorpresa, la nonna e la zia della festeggiata mi invitano a bere e mangiare con loro. C’è un’acquavite fatta da quello che mi pare essere uno zio oltre a vodka di ottima qualità. Io bevo ma rifiuto di mangiare anche se le signore insistono. Nel giro di pochi minuti sono parte della festa: bevo con loro, ballo con le buzzicone, la festeggiata e le sue amiche. Nelle pause sigaretta le chiacchiere vanno via bene e mi sento sempre più capace di esprimermi. Anche qui mi dicono che dovrei sposarmi con una donna ucraina e addirittura cercano di propormi la festeggiata. L’impressione che sia uno scherzo si affievolisce man mano che il ragazzo che mi propone la cosa (che mi sembra essere il fidanzato di lei per il fatto che si tengono per mano) ritorna sull’argomento tre o quattro volte, fin quando decido di dare corda alle donne oltre i 35, ormai sposate e sistemate e accompagnate da mariti in piena dedizione all’alcool, per evitare situazioni di malinteso. Il fatto è che questi bevono e mi offrono da bere di continuo , e io certamente non rifiuto. Ma mentre loro continuano a mangiucchiare io bevo senza mangiare altro anche se loro insistono perché metta qualcosa nello stomaco. Così, tra una canzone di Celentano e una lezione sulle parolacce in ucraino e corrispettivi in italiano, mi ritrovo senza accorgermene ubriaco e devastato come non mi capitava dalla prima sbronza a 15 anni, a livello di non riuscire neanche a salutare e andando via sbattendo per i muri e rotolando sulle scale per raggiungere la camera. Il letto mi sembra un porto felice dopo la tempesta in alto mare e ci piombo sopra scomposto e completamente vestito. Mi sveglio l’indomani prestissimo con un mal di testa clamoroso per andare a vomitare e rimettermi a letto. Alla fine non ne posso più di stare a letto e mi alzo verso le 9.00. Al bar non ci sono più le signore della sera prima ma una donna giovane e tarchiata che mi guarda in cagnesco mentre pulisce il locale. Completamente nauseato dalla candeggina usata dalla gnura bevo un espresso doppio nella veranda mentre al tavolo di fronte, fresco e profumato come se non avesse mai bevuto in vita sua, sta lo zio della ragazza che tra una smadonnata e l’altra con i suoi interlocutori mi lancia inequivocabili sguardi e battute di presa per il culo. Il litro di Borjomi (acqua minerale georgiana effervescente e leggermente salina algusto, la preferita di Lenin) va giu in attimo e mi da sollievo dall’arsura della sbronza. Ma dura solo un attimo: ritorno di corsa in camera a rivomitare il caffè e tutto il litro d’acqua che in pochi minuti avevo tracannato. Passo mezz’ ora sotto la doccia a massaggiarmi la testa, il collo e gli occhi. Vado via non perché sia in grado ma perché non ne posso più di quel posto e più in generale di km e km di campi coltivati. Riesco a fare non più di 20 km e mi devo fermare sotto un albero per strada: sono debole, indolenzito e affamato, fa un caldo boia e il sole mi buca gli occhi con fitte che mi trapassano il cranio Maledetti, non mi fotterete più: ora ho capito come fate a bere litri di vodka senza stramazzare a terra. ![]() grooveshark.com/s/Inside+Out/48QkX5?src=5 Mentre sto con gli occhi coperti cercando di riposarli sento dei passi avvicinarsi. E’ un contadino che poco più in là sulla strada ha un piccolo banchetto di frutta. E’ piccolo di statura, sulla 60ina, sorridente e con gli occhi buoni. Mi chiede se è tutto OK e se ho bisogno di qualcosa. E una sigaretta. Gliene giro una di tabacco e mi ringrazia due o tre volte mentre guarda ammirato la moto e mi chiede da dove vengo e dove sto andando. Gli rispondo anche se in quel momento preferirei la sana vecchia indifferenza europea, ma la bontà che emana quest’uomo è irresistibile e non posso farne a meno. Capisce che non sto messo bene e mi lascia riposare mentre fuma soddisfatto. Ritorna dopo due minuti a portarmi delle piccole mele e un grappolo d’uva, che accetto sorridendo con grande piacere. Mentre ne mangio un paio ritorna con una caraffa d’acqua che bevo a piccolissimi sorsi: è fresca e dolce anche se non pare proprio pulitissima. Sembra un infinito nulla quella distesa di campi, ma in quella mezz’ora è passato un mondo di persone: a piedi, su side-car e motorette di epoca sovietica, trattori e muli. Questa breve sosta mi rimette in forze quanto basta per proseguire, non senza essermi sparato due buste d’aspirina. Nel pomeriggio sono a Dnipropetrovsk (che doveva essere la tappa del giorno prima, almeno) dove trovo un temporale in avvicinamento. Mi fermo per un’oretta ad aspettare che il tempo si stabilizzi mentre cerco un collegamento internet per parlare con la dolce metà ( in viaggio in Ecuador) e cercare informazioni sulla frontiera tra Russia e Georgia. Avevo cercato informazioni sulla frontiera di Kazbegi, ma non era chiaro se fosse stata aperta ai cittadini non-CSI o meno. Non trovando connessione mando un sms a mio fratello per chiedere di fare lui una ricerca, metto su l’antipioggia e vado via. Alle porte della città il temporale ha fatto un po di danni e allagato le strade. Il paesaggio è piatto e quasi lagunare: Dnipropetrovsk è la città più grossa sul fiume Dnepr, la grande lama d’acqua che taglia in due l’Ucraina, da Kiev al Mar Nero. Arteria di collegamento principale e parte dell’identità nazionale, lo troviamo sia nei racconti di Gogol che in quelli del pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti che ai magistrati spiegò come le navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi raggiungessero su questa strada d’acqua il mar Nero da Kiev, prima di essere fatte affondare al largo delle coste italiane. Insomma una fiumara di un certo livello. ![]() ![]() ![]() In serata riesco a raggiungere Donetsk, dove giro un po per cercare un hotel a prezzi ragionevoli. La città è grande e moderna ma troppo cara per le mie tasche. Finisco per dormire al Volvo hotel alle porte della città: sostanzialmente un motel per camionisti, che per me è perfetto, vicino a una stazione di servizio. Prendo una stanza senza finestre ma con lucernaio e il bagno tutto per me . Mangio l’ultimo scatolame rumeno insieme a tre camionisti della mia età e tre ragazze che credo essere le loro donne. Gli uomini sono ospitali e, non ricordando i loro nomi, li chiamerò il boss, il bonaccione e il frustrato. Il frustrato è quello che parla qualche parola d’inglese ma più di tutto ripete “I’m sorry”, riferendosi al fatto che i suoi amici non parlino inglese ( a dire il vero neanche lui). Dei tre è quello che dallo sguardo sembra patire di più la vita del camionista e la vita in genere. Il bonaccione è quello che incalza sempre con le domande, anche quelle fastidiose tipo “quanto guadagni?” ma ride sempre e ha gli occhi buoni. Il boss è quello col fare più calmo e lo sguardo di chi sa il fatto suo e si capisce che la sua parola è sempre l’ultima. Il frustrato si offre di accompagnarmi a prendere qualche birra insieme e non riesco a non farmela offrire mentre mi racconta che la madre vive e lavora in italia. Le chiacchiere durante la serata vanno tranquille, una delle ragazze parla un po d’inglese e quando non riesco in russo ho una lingua di scorta. Mi accorgo che il frustrato quando dico di non conoscere le parole che pronuncia, mi guarda fisso negli occhi parlando con lo sguardo di chi ti dice qualcosa di brutto col ghigno sfottente, cosa che conosco bene perché quando ero bambino i bulletti usavano fare così, pronunciando frasi dialettali, con i "forestieri" in vacanza che non capivano una mazza di calabrese (ma se fate un giro a piazza di spagna vedrete tuttora le stesse scene tra adulti romani e turiste straniere). L’impressione è confermata dalla ragazza che lo rimbrotta a queste espressioni e quando chiedo cosa voglia dire, lei svicola senza darmi spiegazioni. La conversazione rimane comunque tranquilla. La cosa che sconvolge tutti non è il viaggio in solitaria o la destinazione (che pure interessano) ma il fatto che a 39 anni non sia sposato. La tipa parlante inglese mi chiede tre volte “why?” . Io non posso che rispondere che in Italia ormai si usa così, che i tempi si sono allungati, che non abbiamo certezze economiche e tutta la catasta di scuse generazionali che faticosamente abbiamo costruito per cazzeggiare piu a lungo possibile in quest’epoca storica. Si rassicurano quando dico che comunque ho una donna, anche se non convince il fatto che non sia in viaggio con me. Mi spiegano che loro invece entro i 25 anni convolano a nozze e quando non succede ci si comincia a preoccupare. In ogni caso tutto procede bene, fin quando non succede qualcosa di fastidioso:le ragazze mi chiedono cosa ne penso delle donne ucraine. Una delle tre scherzando palesemente mi dice di portarla con me in Italia. Racconto loro (in Inglese) il fatto che nel loro paese ovunque mi hanno proposto di sposare una donna ucraina per portarla via e questo mi ha dato un certo fastidio. La ragazza parlante inglese dice: “che stupide!” Quando mi viene chiesto di spiegare il perché del fastidio, dico che se tu vuoi scappare con me dopo un minuto che mi hai conosciuto, allora non sono io ad interessarti ma il mio passaporto e i soldi che credi io abbia, perciò tiè! E faccio il gesto dell’ombrello. A questo punto il frustrato comincia a borbottare sempre di più e si incazza proprio. Capisco che dice qualcosa come: “Le nostre donne sono lì a pulire il culo ai loro vecchi e lui si permette di dire queste cose.” E altre amenità di questo tipo. Tutti lo cazziano e cercano di fargli capire che stavo parlando completamente d’altro, provo a dirgli che anch’io sono migrante e so cosa significhi, ma gli altri mi dicono di lasciar perdere. Lui a intervalli regolari di 20 secondi bofonchia qualcosa, seguito dalle cazziate degli altri. Anche se mi chiedono scusa a me non va piu di parlare: mi sento davvero urtato da questa persona che ha insistito per farmi stare con loro, poi mi prende per il culo e per giunta si incazza pure. Oltre a ciò la mia moto sta parcheggiata proprio lì dove stanno loro e comincio a temere di trovare brutte sorprese l’indomani. Il boss mi chiede se è tutto ok, io rispondo che sì, ma che sono stanco e me ne ne vado a letto. Tutti cercano di fermarmi, mi dicono di non prendermela, anche il frustrato cerca di scusarsi , ma ogni volta che dice qualcosa, gli altri lo cazziano (e quindi sta ancora sputando veleno). Me ne vado dicendogli :” Scusami tu, se ti ho offeso non volevo. Io e te abbiamo un problema, solo uno, ed è la lingua.” Salgo in camera che ancora lo stanno cazziando tutti e vado a dormire stanco e, ora anche io, frustrato. La frustrazione è decisamente contagiosa. L’indomani a colazione scopro che le ragazze lavorano al ristornate del motel. Le trovo indaffarate a cucinare e servire colazioni. Incontro e saluto il bonaccione e comincio a preparare la moto. Una donna dell’albergo (che si atteggia a proprietaria) mi fa un paio di foto, ne facciamo un paio anche con le ragazze che lavorano (con la capa della cucina che le cazzia per la pausa). Mi si promette che le foto arriveranno via facebook, ciò non è mai successo. Ci metto un po a caricare la moto: inverto di posto le borracce con la borsa grande del cibo, che così mi fa anche da schienale sul sedile passeggero. Quasi tutta l’Ucraina è stata una serie di rettilinei infiniti e ogni giorno mi sono trovato ad alternare guida seduta a guida in piedi per riposare la schiena. Attacco alla moto i regali ricevuti il giorno prima: una bandiera ucraina regalatami dai camionisti e un piccolo portachiavi datomi da un signore poco dopo Dnipropetrovsk, in una sosta caffè. Gli ho chiesto se lui e la moglie fossero ucraini, credendo fossero tzigani sinti per i tratti somatici. Mi ha risposto : “Niet, ya yivrei. No ya jiviosh v Ukraine”. “No, sono ebreo. Ma vivo in Ucraina” “Ah, Ebreo di dove?” “Di Israele, ma la mia famiglia ha sempre vissuto qui, e anche io.” Chiaro, no? ![]() In questi giorni mi sono rassicurato abbastanza sulla lingua: il primo vero exploit l’ho avuto un paio di giorni prima con la polizia per contrattare la mazzetta da lasciargli. Non potevo evitare: eravamo solo io e tre poliziotti nel nulla dei campi di girasole. Mi hanno contestato di non essermi fermato a uno stop, sempre nel nulla, dicendo che ero stato ripreso dalle telecamere sulla strada, indicandomele. Il ragazzino maneggiava una handicam spenta per avvalorare il possesso di schiaccianti prove. Quando gli chiedo di farmi vedere il filmato lui dice che no,ora non si può. Ok, capito: vado dal capo e contrattiamo. Alla fine me la cavo con 15 euri, metà multa. Mi incazzo un po ma mi passa subito. Mentre bevo il terzo caffè della mattina guardo le mappe e calcolo percorsi. Inconsciamente mi sto dirigendo più a sud di quanto previsto: sto puntando verso Astrakhan e non verso Volgograd. A occhio vuol dire che passerò due volte per la stessa strada, ma devo accorciare le distanze. Se dalla Russia potessi entrare in Georgia sarebbe ottimo, ma mio fratello non è riuscito a trovare nulla in merito e mi sta salendo una fretta del diavolo. La proprietaria dice che dovrei fermarmi a vedere Donetsk che è una bellissima città. Ma è il 9 di Agosto e io non ne posso più dell’Ucraina, è tempo di entrare nella Grande Madre Russia. Il collega mi chiama da studio e mi dice che mi hanno bonificato i soldi di luglio. Con quest’ottima notizia e il cuore carico d’aspettativa mi dirigo verso la prima vera frontiera della mia vita. |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 29/11/2012 15:07 #7266712
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Ti seguiamo con interesse, alla prossima puntata!
:coolp: |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 29/11/2012 15:33 #7266720
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Che bella maniera di raccontare: attraverso i dialoghi con le persone che incontri si capiscono tante cose!
Aspettiamo il resto! ![]() |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 29/11/2012 15:50 #7266726
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Il tuo racconto è molto bello ed avvincente!
mi dai l'impressione di essere stato un moschino che ti seguiva per tutto il viaggio, GRANDE! aspetto con vero piacere il resto del racconto!!! ![]() |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 02/12/2012 14:11 #7267409
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bene bene ,bel resoconto...prossima puntata a quando ?
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... UN VIAGGIO DI MILLE MIGLIA DEVE COMINCIARE CON UN SOLO PASSO .
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 02/12/2012 19:57 #7267518
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eh... piano piano sto tirando fuori la russia.... pazientate un pochino
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 10/12/2012 03:30 #7269575
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Capitolo 4_ A ja ljublju SSSR (Ma io amo l'Unione Sovietica)
Come sempre, perdonate la prolissità se potete. grooveshark.com/s/A+Ja+Ljublju+SSSR/2GfCBV?src=5 ![]() Non ho ancora capito perché ma, soprattutto da queste parti, i posti di frontiera sono preceduti da immensi rettilinei che tagliano in due il nulla per terminare davanti a una sbarra sorvegliata da un ragazzino in uniforme. Uscire dall’ Ucraina non ha preso molto tempo: mi dicono che devo fare l’assicurazione temporanea per la moto ma al botteghino dell’agenzia mi confermano che posso farla dall’altra parte. ![]() ![]() Appena arrivato alla sbarra russa il rispettivo ragazzino mi blocca e mi fa compilare il modulo in doppia copia riportante i dati del visto. Con quello e il passaporto vado al controllo documenti e lì mi fanno compilare la dichiarazione della moto con tutti i dati del veicolo. Questi due documenti saranno parte integrante della mia identità per i prossimi giorni e dovrò riconsegnarli in uscita dal paese. Tutta l’operazione prende tre ore buone di un limbo fatto di carte compilate più volte e frasi misto-russo-inglese-calabro. Guardo i russi superare rapidamente i controlli e spero che qualcuno attacchi bottone e mi dia una dritta per dormire o addirittura ospitalità. Ma non è così: tutti hanno fretta di andare e la donna allo sportello è particolarmente incazzosa oltre che pignola. Mi salva la pazienza del suo collega che mi spiega bene, libretto della moto alla mano, come compilare la dichiarazione. Entro che il sole comincia a calare e mi fermo subito per un caffè e cambio di qualche spicciolo. ![]() La strada d’ingresso è in corso d’opera e mi trovo con macchine in direzione contraria che mi lampeggiano ma alla fine becco la statale per Rostov- na- Donu (Rostov sul Don). Asfalto buono, a tratti 4 corsie, e tanto verde intorno. Punto verso la città anche se di solito le evito, ma mi sembra l’unico posto sulla strada per trovare un internet point. Ci arrivo che è praticamente il tramonto. In realtà l’impressione che ho è quella di entrare a Roma da via Tuscolana: quello che vedo è una serie di centri commerciali con le stesse catene presenti da noi: Leroy Merlin, Auchan, Ikea, tutti in caratteri cirillici e scritti come si pronunciano ( cosa frequente nella lingua russa). ![]() ![]() La città è bella e grande e il navigatore mi porta direttamente in centro. E ora che faccio? Inizia una serata vorticosa in cerca di un internet point prima e di un posto per dormire dopo. Per il primo cerco quello indicto da Lonely Planet senza successo. Nella strada indicata non solo non c’è un internet point, ma non c’è mai stato. Per il secondo dei ragazzi per strada mi danno l’indirizzo di un posto dove si dovrebbe spendere poco. Sta sulle colline dei ricchi in periferia e, ovviamente, costa troppo. Ridiscendo in città e vedo un locale a metà tra un centro sociale e un club. Perfetto,mi dico. Mi fermo a chiedere, incoraggiato dagli avventori che si dimostrano cordiali ma sbaglio decisamente posto: mi accorgo subito di essere finito nel covo dei nazipunk della città. grooveshark.com/s/Alcoholic/4CYPHc?src=5 Loro sono accoglienti e nel giro di due minuti divento il loro eroe attirando gli sguardi carichi di ammirazione e curiosità delle signorine presenti. Una in particolare è gentile e in inglese fa domande e da indicazioni, mentre mi dice di fermarmi almeno a mangiare con loro: è chiaramente la donna di uno degli energumeni che si stanno facendo in quattro per aiutarmi, coinvolgendo un ragazzo che parla inglese. La foga che hanno sti maschioni a petto nudo sudati e pluritatuati (anche con svastiche e roba celtica) è così tanta che che non fanno altro che urlarsi sopra mentre io non ci capisco una mazza. Memore del malinteso della sera prima col camionista ucraino cerco di lasciare subito quel deposito di testosterone: non vorrei ritrovarmi a suscitare le gelosie di un pugile professionista, credo sarebbe un problema avere i connotati diversi dalla foto del passaporto. Vado comunque verso l’hotel Rostov, indicatomi da loro come il più economico della città. Dalla hall non mi sembra proprio a buon mercato. E infatti la stanza meno cara e sfigata costa 60 (sessanta!) euri. Ringrazio la tipa alla reception e vado via. Giro in lungo e in largo la città mentre le ore passano e il tempo peggiora. Dovrei anche mangiare. Dei biker per strada mi portano verso un hotel dall’aria economica ma, con aria indifferente, la receptionist mi dice che quel posto è solo per chi ha passaporto russo. E così sarà in molti altri alberghi. Gli unici accessibili ai cittadini non CSI sono quelli costosi. La guida dice che l’unico a prezzi accessibili è l’hotel dell’aeroporto ma anche lì non mi vogliono perche italiano. Provo in un altro albergo per me improponibile, ma almeno qui la tipa della reception se la prende a cuore e fa una serie di telefonate, senza però riuscire a trovarmi un posto da nessuna parte e dispiacendosi seriamente della cosa. Chiedo in due pompe di benzina se posso accamparmi sotto la pensilina, visto che ormai piove regolare. Mi rispondono che questo non è normale. ma va?. Provo a tornare indietro sulla strada che ho fatto per arrivare in città, mi ricordo di aver visto un motel. Lo raggiungo al buio pesto e sotto la pioggia, ma lì proprio non mi aprono nemmeno . Torno bestemmiando in città al buio e sotto la pioggia che batte sempre più forte, seriamente tentato di fermarmi a dormire sotto una pensilina del bus. Ritorno sconsolato,fradicio e incazzato all’hotel Rostov che sono le 3.00 di notte, accolto dal sorriso beffardo della receptionist che mi dice “grazie per averci preferito!”. Vado a letto dopo aver pagato 60 euri di sangue e una doccia bollente di mezz’ora. Ma io amo la Russia. La mattina seguente (cioè 4 ore dopo) mi alzo in tempo per non perdere la colazione, che stupidamente presumo inclusa nel prezzo della camera. Sono da solo in una sala da pranzo che qualcuno ha cercato di rendere elegante ma che in realtà sfiora la mediocrità pacchiana. Mi appioppano una tipa che parla inglese la quale, mentre butto giu una colazione a base di uova, salumi industriali e nescafè a litri, mi porta il conto. Quando le dico che non ho con me il portafogli mi obbliga ad andare in camera per pagarle il pasto. La sua gentilezza svanisce quando, con un sorriso impeccabile sul volto, comincia a prendermi per il culo dicendo cose tipo: “ma scusa, che ci fa un motociclista in un business hotel? E poi ti sembra normale andare a mangiare senza portarti i soldi?” . Io le risponderei un educato e sorridente “ A fiss’i mammata!” ma dubito che ne comprenderebbe il senso. Alla banca di fianco all’hotel provo invano a cambiare i soldi ucraini che mi sono rimasti, ma la cassiera mi dice che non valgono nulla e non me li cambiano. Mentre preparo i bagagli rifletto sul fatto che qui chiunque stia dietro una scrivania o rivesta un ruolo in qualche modo ufficiale sembra essere selezionato in base alla capacità di essere stronzo col cliente, a differenza della gente per strada che, nonostante i modi ruvidi, non lesina cortesia e cerca di aiutare lo straniero come meglio può. La receptionist diurna mi indica i nomi di due internet point che, naturalmente, non riuscirò a trovare. O meglio: riesco a trovarne solo uno che in realtà è un’azienda che in qualche modo lavora col web, o forse assembla computer. Sto per andarmene quando uno dei tipi, Grigoriy, circa 20 anni, mi dice che posso usare il suo computer per connettermi. Riesco a pubblicare un aggiornamento di stato su Facebook e a fare una ricerca riguardo ai traghetti sul mar Caspio. Devo necessariamente cambiare percorso se voglio rispettare i tempi per cui comincio a valutare l’ipotesi di fare una parte del rientro utilizzando traghetti. Come tutti i motoviaggiatori, so che esiste il traghetto da Baku(AZ) a Turkmenbashi (TM) ma questo vorrebbe dire procurarsi visti turkmeno e azero a Shimkent (KZ) e dubito di riuscire ad averli in tempo breve. E se ho programmato il giro in questo modo è proprio perchè so quanto sia difficile avere il visto turkmeno. Scopro che esiste un traghetto che da Fort Shevchenko (KZ) porta ad Astrakhan (RU) ma anche questo, come l’altro, parte solo quando è pieno. Che vorrebbe dire dover aspettare anche una settimana. Senza poi contare almeno un giorno per le operazioni di sbarco. L’unica sarebbe un traghetto sul Mar Nero per non attraversare la Turchia, posto però di riuscire ad entrare in Georgia dalla Russia. E naturalmente non ho nuove informazioni in merito a questa possibilità. Alla fine mi innervosisco capendo che sto perdendo troppo tempo in pippe e supposizioni e che piu sto fermo peggio è. Chiacchiero un po con i ragazzi che non vogliono una lira per la connessione, mentre fumiamo una sigaretta. Grigoriy ,insieme agli altri, esprime stima profonda per quest’avventura, e spera di riuscire a comprare anche lui una moto e fare un giro dell’Italia prima o poi. Mi ha scritto qualche giorno fa, dicendomi di avere iniziato a mettere da parte i soldini per una R1: Daje Grigò! ![]() Mentre sono a riempire le borracce dell’acqua al chiosco di bibite di una ragazza, il Cielo mi morde le caviglie per ricordarmi che è ora di andare: io mi scuso per il mio cattivo russo, lei mi risponde che se riusciamo a parlare vuol dire che così cattivo non è , quando da un SUV sento urlare: “Adios Amigos!” Cazzo! E’ l’energumeno della sera prima( quello con la fidanzata gentile) insieme ad altri fasci con musica tecno a palla e un braccio tatuato fuori da ogni finestrino. Ok Totò, vattene subito e falli andare avanti. Non sia mai ti invitino da qualche parte, stavolta ti tocca! Rientro nella statale che attraversa splendide campagne. Punto dritto verso Elista a cui seguirà Astrakhan, l’ultima città russa prima di entrare in Kazakhstan. ![]() grooveshark.com/s/Grastoro/2WCY8Y?src=5 ![]() ![]() E via di nuovo per campagne verdissime e pianeggianti: alberi ai bordi delle strade e alberi come quinte sull’ orizzonte. Faccio il mio primo rifornimento di benzina e scopro che qui si paga prima, un militare in coda mi spiega come fare: alla cassa dai una cifra ragionevole e dici che vuoi fare il pieno. Se metti di più aggiungi la rimanenza, altrimenti ti danno il resto. In ogni caso la cassa sta sempre dietro una finestrella protetta da solide sbarre. Bevo un caffe e mi riposo un po dall’afa umida. Chiacchiero con un militare in pensione in viaggio con i figli e i nipoti: quando gli dico che ho 39 anni lui orgoglioso risponde che a 55 è gia nonno. E’ ormai chiaro che la mia situazione coniugale da queste parti verrà vista come un fallimento: mi salverà ai loro occhi soltanto l’apparente eroicità dell’impresa che sto compiendo. Solo questo farà di me una persona degna di rispetto. ![]() ![]() ![]() Man mano che vado avanti mi chiedo se sia il caso di fare una tirata fino a notte per arrivare a Elista e dormire lì o fermarmi prima lungo la strada. Non voglio bissare la serata precedente e trovarmi in una città senza posto dove dormire. Il dubbio verrà sciolto dall’incontro con Pavel, camionista di ritorno in moto dalla Crimea (ma tutti in Crimea stavano?) dove è andato a far visita ai genitori in vacanza. Viaggia su una Honda CB750 tenuta benissimo ed è diretto a Volgodonsk dove vive. Pavel nel tempo libero pratica canottaggio sui fiumi che abbondano da quelle parti. E’ lui a farmi rendere conto del fatto che gli alberi che vedo in lontananza da un bel po sono definiscono l’alveo del Don. La regione è verdissima proprio per i corsi d’acqua che stanno ovunque. E l’odore che non mi abbandona fin dal centro dell’Ucraina è quello dell’acqua di fiume, che forse è il ricordo più forte di questa parte del viaggio. In una sosta di rifornimento chiacchieriamo del suo lavoro, del mio, delle nostre passioni e di come si vive nei nostri paesi. E mentre parliamo penso a quanto siano strane le reciprocità nell’immaginario dei popoli: Loro hanno il mito dell’Italia, del bel paese riscaldato dal sole, della bellezza delle donne italiane e in molti sognano di fare un viaggio o magari di stabilirsi nel nostro paese. In Italia siamo in molti ad avere il mito della Russia: per la bellezza delle donne, l’energia della musica, le arti figurative, la letteratura, l’iconografia da guerra fredda. Nei film americani di propaganda, dove i russi avrebbero dovuto essere i cattivi, a me stavano sempre più simpatici loro dei buoni americani. E son cose che segnano, queste! Facciamo insieme la strada fino a Volgodonsk che raggiungeremo al tramonto, mentre piano piano gli alberi si diradano e l’acqua continua ad affiorare dal verde. ![]() ![]() Sarei anche tentato di fermarmi in questa scialba cittadina industriale sul Volga proprio perché non ha nulla che possa attrarre un turista, ma non vorrei far sentire Pavel in obbligo di ospitalità: c’è stata una buona energia tra di noi e sento che è il momento di salutarsi così, senza forzature. Abbiamo fatto una strada secondaria e da lì in poi è avanti tutta per Elista, senza attraversare altre città che rallenterebbero il mio cammino. Ci salutiamo con un abbraccio sincero dopo aver ricevuto in dono da lui una bussola in plastica trasparente con scala graduata: una roba da due lire che tutto indica meno che il nord, ma per me preziosissima. Finalmente a 4000 km da casa sono entrato nella dimensione del viaggio: dopo i campeggi liberi rumeni, la sbronza ucraina, la notte di pioggia a Rostov e dintorni inizio a sentire che il tempo si muove con me e, di nuovo come negli altri viaggi, sono io l’artefice del rispetto o del diniego che mi circonda e della piccola società che di volta in volta si forma intorno a me. Mi sento di nuovo come se questa fosse la vita che ho sempre fatto e sempre farò. Sono attimi brevi, ma valgono quasi una vita. ![]() ![]() Un immenso rettilineo nel nulla termina ad un incrocio dove a destra si legge chiaramente il cartello Gastiniza (albergo). Sono qui da qualche parte in Russia e il sole sta calando, oggi mi fermo qui. Mi farò una gran mangiata e una bella dormita e domattina ripartirò riposato. Il posto è un motel semplicissimo a due piani con scala esterna e bagni in comune. grooveshark.com/s/Cajo+Pjasa/2WCYtF?src=5 Mentre aspetto che la signora mi faccia vedere la stanza, chiacchiero con un mio coetaneo con la faccia da slavo allampanato, grandi occhi azzurri vagamente malinconici. Non ricordo il suo nome ma lo ritroverò a cena mentre mangio in veranda con il dizionario russo e le mappe seduto a un tavolo di metallo . Mi chiede se può sedersi con me e gli do l’ok anche se provo un iniziale senso di fastidio. Io sono riuscito ad ordinare della carne ed è stato un miracolo imbroccare l’ordinazione, visto che la cosa che davvero non ho imparato sono i nomi dei piatti. Lui si fa portare una sorta di zuppa in un tegame di coccio con dentro carne e verdure. E una boccetta di vodka che berremo insieme. La conversazione che nasce è sorprendentemente limpida e lineare, non tanto perché sia io diventato padrone della lingua, quanto per l’empatia del mio interlocutore. Spesso trova lui le parole per me e mi suggerisce modi di dire. Naturalmente è sposato e si meraviglia del fatto che io non lo sia. Mi chiede il perché in Italia funzioni così. Gli rispondo che alla fine non c’entra ne la crisi ne l’incertezza del futuro (che proprio a un russo questo non si può dirlo, ti riderebbe in faccia) quanto il fatto che la società è cambiata senza prendere una direzione. Gli spiego che negli anni ’70 c’è stata una rivoluzione dei costumi che ha liberato uomini e donne dai rigidi ruoli che avevano prima, solo che non si sono definiti i nuovi. Per cui abbiamo donne che non sanno cosa vogliono e uomini che non sanno come comportarsi. E’ come entrare in un grande supermercato e perdersi tra mille prodotti tutti simili: non sai quale scegliere e intanto si avvicina l’ora di chiusura. Lui mi dice che qualcosa di simile sta avvenendo da loro per colpa della televisione. Gli rispondo che capisco benissimo. Coccolato dalla vodka e riscaldato dalla conversazione vado a dormire nella mia stanzetta piccola e pulita dando appuntamento all’indomani al mio commensale. Non lo rivedrò mai più. Mi sveglio verso le 8.00 che c’è gran trambusto e movimento in albergo. ![]() grooveshark.com/s/Mato/2WCYn1?src=5 Un paio di stanze al piano di sopra, dove sto io, sono state occupate da un gruppo di donne che entrano vestite normalmente e ne escono che sembrano bomboniere. Si danno tutte un gran da fare con phone, sottane e borsette. Mi affaccio dalle finestre del corridoio e vedo una limousine bianca decorata con dei fiori. Non c’è dubbio: è un matrimonio! Scendo con macchina fotografica e dopo aver preso qualcosa che somigliava a un caffe per svegliarmi chiedo il permesso di scattare qualche foto e tutti sono felicissimi di posare per l’italiano che è arrivato fin lì in moto. Non è propriamente la festa di matrimonio, sarebbe troppo presto. E’ un rinfresco pre-cerimonia dei parenti dello sposo. Mentre cerco di metterli in posa sotto la veranda devo cazziare quella che pare la mamma per farla stare ferma, dato che mi sta preparando un pacchettino di cibarie da portare con me in viaggio. ![]() ![]() ![]() ![]() Credo sia inutile dire che mi tocca brindare a vodka anche se mi sono appena svegliato. Dopo il (i) brindisi, le foto e gli auguri da una parte e dall’altra vanno tutti via, chi in auto chi in furgone. ![]() Rimango solo io a consumare caffè a litri, dato che mangiare ho gia mangiato e pure tanto. Vado via verso le 10.00 e mi rendo conto che il paesaggio cambia drasticamente man mano che vado verso Est. Per raggiungere Elista attraverso circa 150 km di steppa piana e desolata. Non c’è nulla se non mandrie di vacche, qualche corso d’acqua o laghetto e la striscia d’asfalto su cui corro. ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Il nulla comincia a diventare così nulla che spesso a pochi metri dalla strada si formano piccoli vortici che sollevano la sabbia, anche ravvicinati l’uno all’altro. La regione in cui mi trovo è la repubblica di Calmucchia, così detta perché abitata prevalentemente dai discendenti dei Calmucchi, provenienti dalla mongolia occidentale che secoli fa decisero di stabilirsi al limite dell’impero russo. Ebbero il permesso da Mosca in cambio della sorveglianza dei confini, ma furono costretti a fuggire in massa per via degli attriti con i contadini locali per il possesso delle terre. Così, in una notte del 1771 stabilita dal Dalai Lama, partirono tutti per tornare verso la Mongolia attraversando a piedi il Volga ghiacciato. Essendo però troppo sottile lo spessore del ghiaccio, questo si ruppe e la gran parte di essi finirono nelle acque gelide. I superstiti tornarono indietro e qui rimasero tranquilli fino agli anni ’20 quando i bolscevichi requisirono i loro possedimenti. Alcuni di loro si arruolarono coi nazisti per contrastare il potere centrale e per questo furono puniti da quel simpaticone del compagno Stalin con una gita di massa in Siberia. Nel 1957 il compagno Kruscev riabilitò il nome dell’etnia e poterono ritornare in calmucchia. E’ per questo che entrando a Elista si ha l’impressione di essere molto più a Est. Ti guardi intorno e vedi per lo più gente dai tratti mongoli, la cui origine è conclamato motivo d’orgoglio. Ci sono pagode buddiste e perfino un tempio buddista costruito nel 2005 e inaugurato dallo stesso Dalai Lama (peccato per gli infissi in alluminio anodizzato). Lì davanti mangio le cose datemi dalla mamma dello sposo (buonissime), faccio un giro e ritorno in centro a riposare. Fa caldissimo e mi sparo un succo di qualcosa ghiacciato. ![]() ![]() ![]() ![]() Riparto in direzione Astrakhan, deciso a fermarmi lì anche l’indomani a prendere fiato. Sto in giro senza sosta da 10 giorni e un giorno di riposo prima del Kazakhstan me lo sono dopotutto strameritato. Sebbene mi stia dirigendo verso il delta del Volga il paesaggio diventa via via più aspro, finendo per essere un vero e proprio deserto sabbioso. Sui velocissimi rettilinei che si susseguono la gente corre e oltre a un bel po di croci e lapidi sul ciglio della strada, trovo anche un camion e un’auto usciti fuori strada a pochi km di distanza. La vicinanza al delta è dichiarata dalle formazioni saline che affiorano nella sabbia, come immensi pantani rinsecchiti: la voglia di fuoristrada è tanta e non resisto a un paio di puntatine lì in mezzo mentre il sole va giu. ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Arrivo in città che è buio e dopo un po di giri (temendo sul serio di ripetere la storia di Rostov) sbarco all’hotel più economico della città, vicino alla stazione. La stanza verrrebbe 25 euri, ma per 15 mi danno un letto in un appartamento a piano terra nelle case popolari della strada vicina. L’aria si appiccica addosso per quant’è umida e ci sono nuvole di zanzare che ronzano ovunque. L’appartamento non è pulitissimo ma va bene. C’è una cucina, il bagno con vasca e un’altra stanza occupata da un uomo che non vedrò mai. Oltre che da un paio di blatte che ansiose di salutarmi trovano una fine spietata e indegna. Sto fumando in cucina mentre sento aprire la porta: è arrivato un altro ospite accompagnato dalla stessa signora tarchiatella e simpatica che si è accolate le mie borse. Rizo è ceceno ma per via della guerra civile è dovuto andarsene in Kazakhstan, dove lavora come croupier in un casinò. Si trova ad Astrakhan perché sta tornando a Groznyj per fare visita alla famiglia. Ci troviamo a parlare di quello che è successo qualche anno fa nella sua terra e dell’accanimento del governo centrale russo con quello che definisce popolo di terroristi. Ho letto in passato qualcosa sull’argomento e capisco quanto possa essere difficile per lui parlare della cosa. Si rianima quando la conversazione si sposta sulle popolazioni del Caucaso in genere : gli riporto le mie impressioni sui georgiani e gli armeni e concorda con me quando gli dico di non essermi trovato bene con i secondi, avendoli trovati un po truffaldini e opportunisti. Beviamo insieme una birra mentre io mangio il pesce essiccato comprato poco prima al magazin: stavo iniziando a mangiarlo con tutta la lisca quando mi ferma e mi fa vedere che bisogna trovarla e tirarla via con le mani. Il pesce è buono ma per giorni me ne rimangono impregnate le mani. Vi lascio quindi immaginare l’odore dei vestiti e dell’asciugamano lavati poco dopo cena. Il ricordo di questa cena mi accompagnerà fino alla fine del viaggio ogni qualvolta aprirò le borse. L’indomani Rizo riparte per Groznyj e io faccio il turista in città. Dopo aver comprato due schede di memoria vado verso il centro in marshrutka (taxi collettivo) seguendo le indicazioni della padrona dell’albergo. ![]() ![]() Visita al cremlino e alla cattedrale, che stanno nella stessa cinta fortificata, dove silenziosamente mi godo lo spettacolo della devozione ortodossa. ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Lonely planet dice che l’internet point sta nell’ufficio postale a poche centinaia di metri ma la signorina all’assistenza clienti mi dice che non funziona. Chiedo se ugualmente posso collegare la videocamera per guardare le foto, visto che i computer sono accesi, ma si incazza: “ ti dico che non funziona nulla, non puoi fare niente” e ride di me insieme alla donna delle pulizie: “ E’ italiano!...” Vado via incazzato, stavolta non risparmiando un accorato “vafanculu tu e a fiss’ i mammata!...” che viene inteso perfettamente. Faccio un giro nella città vecchia, composta per lo piu da piccole casette in legno a uno o due piani che lentamente cadono a pezzi. grooveshark.com/s/Rodava+Tut/2WCYcw?src=5 ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Sosta caffe in un bar e poi mi decido per una botta di terme. Al bar mi dicono che delle vere e proprie terme non esistono, ma si trovano piccoli “banya”. Il primo che trovo è ancora chiuso ma mi fanno entrare lo stesso, però rifiuto per il prezzo troppo alto anche se è molto gradevole e pulito e sono l’unico cliente, col bagno turco tutto per me. Più avanti sulla strada ne trovo uno più economico ma un po cadente. Non c’è hammam ma solo sauna. Va benissimo: purchè sia caldo e mi sciolga i muscoli di braccia, schiena e collo induriti da giorni di vento e moto. Mi danno una stanza tutta per me composta da una sala relax e una zona doccia con dentro una gran vasca d’acqua (dall’odore credo di fiume). Dalla stessa stanza si accede alla sauna vera e propria, e la brace è aromatizzata con foglie di conifere e di eucalipto. Trovo il braciere in piena attività che sembra di stare all’inferno. Potrà sembrare strano che ad Agosto con 35 gradi uno vada a farsi una sauna, ma sento piano piano il corpo rigenerarsi man mano che i muscoli si distendono, la schiena, le scapole cominciano a scrocchiare fino a ritrovarmi molle e rilassato. Di tanto in tanto mi immergo nella vasca o apro la doccia o mi lancio secchiate d’acqua direttamente dentro la sauna. Esco dopo un ora col morale alle stelle ma ritorno in terra quando la signora del chiosco dove compro da bere mi urla ripetutamente quanto pagare perché non capisco. Bevo il mio litro d’acqua e integratori vari nella piazza Lenin, da solo, osservando lo struscio della gente del posto. ![]() Mi sento davvero uno straniero in terra straniera e la malinconia mi sale addosso che neanche me ne accorgo. Mi chiedo cosa ci faccia io qui da solo e la mia donna a sette ore di fuso orario, quando potremmo stare insieme con gli amici a sguazzare nel mare salentino o dovunque ci sia una spiaggia. Penso alla famiglia che non vedo mai, a mio padre che invecchia senza di me e al fatto che ogni viaggio è tempo che tolgo agli affetti, e arriverà il giorno in cui mi pentirò di questo. Mando qualche sms e con questi pensieri vado a cercare un posto dove mangiare. Da molte auto c’è gente che continua a scandire slogan agitando bandiere russe e altre che non conosco. Un uomo all’hotel dove prelevo un po di contante mi spiega che oggi è l’anniversario dell’aviazione russa e questi sono fanatici nazionalisti mbriachi persi dalla mattina. ![]() Mi fermo a cenare su una nave ristornate attraccata sul lungofiume e finalmente riesco ad isolarmi dalla caciara dance dei locali dello struscio serale. Mangio un ottimo piatto di carne e patate coperte da una sorta di besciamella, bevo un vodka al banco bar e mentre rimetto le mie cose nel borsello vengo circondato dalle cameriere che mi portano alla cassa (che si trova a un metro) intimandomi di pagare: direi degna conclusione della serata. Torno all’albergo in taxi e lascio felicemente una discreta mancia al tassista che non rifiuta di fare conversazione e si sforza di parlare inglese. Gli chiedo a cosa serva la piccola videocamera che accende alla partenza. Mi risponde che vale come prova in caso d'incidente. Rimango un po deluso da questa città, in passato snodo importante della via della seta più settentrionale. Mi aspettavo di trovare l'ospitalità schietta della Georgia o qualcosa di simile a quella turca, ma mi sbagliavo. Vado a dormire pensando al fatto che nelle città minori della Russia, per quanto grandi, non sono ancora pronti per il turismo internazionale e forse non gliene frega neanche granchè. Mi chiedo da dove nasca questa diffidenza verso lo straniero che, anche se vestito decentemente, è un potenziale imbroglione che scappa senza pagare. Ho i documenti in regola, una macchina fotografica e soldi per pagare un albergo e un ristorante. Però posso avere una vaga idea dell’avere addosso il pregiudizio sullo straniero. Mi hanno stufato le città di questa nazione. Il capitale vi si è abbattuto di colpo e in vent'anni ha reso tutto un surrogato dell'occidente, ma in questa parodia rimane forte il ruolo da protagonista del funzionario, ora interpretato da chiunque abbia una divisa, anche da supermarket. Ma alla fine tutto questo è secondario: Come ho scritto a mia sorella per sms,il vero viaggio comincia domani. Domani entro ufficialmente in Asia Centrale. |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 10/12/2012 11:38 #7269612
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Bella anche questa "puntata"!
In effetti, sembra di seguire uno sceneggiato! ![]() Anche i contrattempi, specie quelli con le persone, diventano divertenti da leggere, quando, evidentemente, non lo sono stati molto da vivere. ![]() Ben scritto e descritto! Complimenti! ![]() |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 10/12/2012 12:35 #7269618
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"Mi sento davvero uno straniero in terra straniera e la malinconia mi sale addosso che neanche me ne accorgo.
Mi chiedo cosa ci faccia io qui da solo e la mia donna a sette ore di fuso orario" come riassumere in due righe un mondo L'idea delle canzoni lungo il racconto è geniale Grandissimo |
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Samarcanda? Sì, E Vi Dico Com'è Andata. 10/12/2012 21:04 #7269749
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Leggo con attenzione il tuo racconto,è scritto molto bene.Ho girato molto anch'io,sopratutto a piedi nel sud est asiatico.Spesso quando sei nel bel mezzo del viaggio,dal nulla ti assale la malinconia,ti assalgono mille domande...a cui non puoi e potrai mai dar risposte.E' vero che potevi impiegare il tempo di vacanza o libero in altri modi,in altre situazioni,però è vero anche che se tu non avessi lo spirito del viaggio e del viaggiatore solitario MAI e poi MAI avresti visto e vissuto esperienze del genere.Nel 2007 ero in Cambogia stavo attraversando il paese a piedi..bevendo dell'acqua (forse non buonissima) fui colto da un infezione intestinale bestiale.Febbre,vomito e diarrea.Credevo di essermi beccato la malaria...sostai in un villaggio,stavo malissimo.Al mattino seguente tramite un passaparola venni raggiunto da una ragazza Olandese che lavorava in un centro medico della Croce Rossa internazionale ed Amnesty International.Un nedico europeo mi visitò...e qnd gli dissi con tono molto spaventato: ho preso la malaria? la risp fu: tranquillo..chi non ce l'ha quà?! Questa cosa mi dette un iniezione di fiducia che mi tranquillizzò all istante.Alla fine con qualche compressa di non sò cosa mi rimise in sesto, e dopo 3 gg mi rimisi in viaggio.Ancora oggi a distanza di 5 anni e mezzo mi sento con loro e con Caroline (la ragazza che venne a recuperarmi).I 3 gg passati nel centro furono cmq bellissimi,passati in mezzo a bimbi meno fortunati di noi..ma cmq felici almeno di avere 3 pasti al giorno...una maglia da calciatore ed un pallone rattoppato.
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